DAGHEROTTIPO
Dagherròtipo:
Immagine fotografica ottenuta
con il processo della dagherrotipia, inventato nel 1837 da L.-J.-M. Daguerre.
Esso forniva un'unica copia positiva, non riproducibile, su supporto in argento
o rame argentato sensibilizzato, in camera oscura, mediante esposizione a
vapori di sodio. La ripresa richiedeva lunghi tempi di esposizione, da 20
minuti fino a tre quarti d'ora.
Dagherrotipia
La
dagherrotipia fu il primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini
(tuttavia non riproducibili). Messo a punto dal francese Louis Jacques Mandé
Daguerre da un'idea di Joseph Nicéphore Niépce e del figlio di questi, Isidore,
venne presentato al pubblico nel 1839 dallo scienziato François Arago, presso
l'Académie des Sciences e dell'Académie des Beaux Arts.
Realizzazione
Il
dagherrotipo si ottiene utilizzando una lastra di rame su cui è stato applicato
elettroliticamente uno strato d'argento, quest'ultimo viene sensibilizzato alla
luce con vapori di iodio. La lastra deve quindi essere esposta entro un'ora e
per un periodo variabile tra i 10 e i 15 minuti.
Lo sviluppo
avviene mediante vapori di mercurio a circa 60 °C, che rendono biancastre le
zone precedentemente esposte alla luce. Il fissaggio conclusivo si ottiene con
una soluzione di tiosolfato di sodio, che elimina gli ultimi residui di ioduro
d'argento. L'immagine ottenuta, il dagherrotipo, non è riproducibile e deve
essere osservata sotto un angolo particolare per riflettere la luce in modo
opportuno. Inoltre, a causa del rapido annerimento dell'argento e della
fragilità della lastra, il dagherrotipo veniva racchiuso sotto vetro,
all'interno di un cofanetto impreziosito da eleganti intarsi in ottone, pelle e
velluto, volti anche a sottolineare il valore dell'oggetto e del soggetto raffigurato.
Per ridurre i tempi di sviluppo ed estendere così il campo d'applicazione della
dagherrotipia anche al giornalismo, John Frederick Goddard utilizzò i vapori di
bromo per aumentare la sensibilità della lastra, risultato che ottenne anche
Jean Francois Antoine Claudet ma con i vapori di cloro. Comunque anche l'unione
di queste due tecniche e di obiettivi più luminosi, non permise un'esposizione
inferiore ai dieci secondi. L'utilizzo di vapori di mercurio rende la
produzione di dagherrotipi un procedimento pericoloso per la salute.
FATIMA BEN NASR 3^F
4/12/2013
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